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Dalla terra al piatto

Polvere di oro bianco e nero

tartufo-2.jpgArricchire una pietanza con una manciata di tartufo grattugiato è un po’ come servire un cibo spolverato di oro.
Il paragone è calzante, se immaginate che esiste persino la Borsa Nazionale del Tartufo, istituita nel 1996 dalla Camera di Commercio di Asti, per fornire da ottobre a dicembre le quotazioni aggiornate settimanalmente del “ Tuber Magnatum Pico” (il Tartufo Bianco pregiato).
Se parliamo di Tartufo, dunque, parliamo non tanto di un cibo insolito, quanto di un “luxury food”, un ingrediente di lusso.
Una delle annate più care fu il 2008: il prezzo del tartufo bianco pregiato ha toccato quell’anno cifre stellari, fino a 4.500 euro per la pezzatura dai 20 grammi e fino a 6.000 euro per le grandi pezzature. Ma non allarmatevi: di tartufo se ne usa molto poco, per cui è possibile provarlo in cucina e in pizzeria, anche se in quell’anno di fuoco, il 2008 appunto, un primo di pasta fresca al tartufo ha toccato in menu persino i 50 euro in alcuni ristoranti come quelli milanesi.

Tanti tipi di tartufo
Il Tuber Magnatum Pico non è l’unico tartufo presente in Italia, zona ricca di altre specie meno costose, anche perché meno rare (un po’ meno rare per la precisione) e meno pregiate, ma sempre buone per una cucina di qualità.
Val la pena di elencarle queste tipologie che stanno in coda al tartufo bianco pregiato: Tartufo nero pregiato, Tartufo moscato, Tartufo nero estivo, Tartufo uncinato, Tartufo nero invernale, Tartufo bianchetto o Marzolino, Tartufo nero liscio, Tartufo nero ordinario o tartufo di Bagnoli, Scorzone, Tartufo rossetto.

tartufo-bianco.jpgRari dal profumo penetrante
I tartufi in generale sono preziosi non solo per il loro inconfondibile sapore e aroma, ma per la relativa scarsità: si colgono (non si coltivano) e la loro abbondanza (o scarsità) dipende dalle stagioni e da fattori ambientali, e da queste ragioni deriva anche il loro prezzo fluttuante.
Di sicuro il tartufo è un emblema dell’Italia, o meglio, del sottosuolo italiano, dato che la nostra nazione è una delle maggiori produttrici mondiali (ed esportatrici) di questo prodotto.
Tutta la penisola conta i suoi tartufi, anche se le più importanti zone di produzione sono quelle del tartufo bianco (Piemonte, in particolare Alba, la provincia di Asti e una parte della provincia di Torino), l’Emilia-Romagna (tutta la fascia appenninica a partire da Piacenza, ed in particolare i Colli bolognesi e forlivesi), la Toscana (specialmente i comuni di San Miniato e San Giovanni d’Asso), le Marche (con in testa Acqualagna e Sant’Angelo in Vado), l’Umbria in generale, il paese abruzzese di Ateleta in provincia dell’Aquila, il Molise.
Più comune del bianco è il tartufo nero, sia la varietà estiva (il cosiddetto “Scorzone”), sia la pregiata varietà invernale (Tuber Melanosporum).
Se tradizionalmente la ricerca dei tartufi era effettuata con l’aiuto di un maialino (che però ne mangiava anche), oggi, la ricerca e la raccolta che segue, è effettuata con l’ausilio dei cani addestrati.
Esistono anche coltivazioni di tartufi, in piccole quantità, ma sono in via del tutto sperimentale.

In cucina
La commercializzazione di un tartufo fresco intero (o di parte di esso) è un evento particolare, non accessibile a tutti. Piuttosto il tartufo si acquista più comunemente “trasformato”. Basta una piccola quantità che subito si regala quel tocco speciale ad un tagliolini-tartufo.jpgpiatto.
Ecco allora che si possono acquistare vasetti con tartufi interi di piccole dimensioni, carpacci (porzioni di tartufo tagliato a fettine molto sottili), salse pronte (magari a base di funghi), oli d’oliva aromatizzati al tartufo.

Parliamo come sempre col nostro esperto Massimo Meloni per avere il suo parere da esperto culinario.

Da chef, qual è la tua sensazione di fronte ad un tartufo?
«L’aggettivo che mi viene è: “godurioso”, e subito dopo lo annuso e mi lascio pervadere dal suo potente e caratteristico odore, se si tratta di un tartufo bianco d’Alba. Per altri tartufi come il nero pregiato o il bianchetto sono meno stupito, lo ammetto.
Ma sono anche certo che sarà meno impegnativo l’utilizzo. Il tartufo rischia, infatti, di diventare “ingombrante” a livello gustativo e soprattutto olfattivo».

Quali preparazioni usi più spesso?
«Nei menu autunnali il tartufo bianco lo uso a lamelle fini tagliate direttamente davanti al cliente e vendute a peso. Risotto alla parmigiana, tagliolini al burro, polenta con uova e fonduta leggera di formaggio, poi varie ricette di base neutra che come ingrediente abbiano il semolino, la patata, la panna, i cardi, la ricotta, l’uovo e nei funghi poco sapidi come ovuli e porcini giovani.
Nei mesi invernali il nero lo abbino a formaggi cremosi, polenta e cacciagione trasformata in paté.
In primavera il bianchetto mi fa divertire con gli asparagi uovo e parmigiano, altre verdure fresche al vapore condite con olio di nocciola e lamelle di tartufo; pesci d’acqua dolce e anche qualche pregiato crostaceo. Ma resti tra noi, il modo migliore per gustare un qualsiasi tartufo è con la mollica di pane casareccio, intiepidita e imbevuta di ottimo olio d’oliva (che sia però leggero e non piccante) semplice e assolutamente perfetto, un abbinamento da vero intenditore di questo pregiato frutto sotterraneo».


29/01/2014

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